lunedì 23 giugno 2014

Dallas, ho visto cose che neanche potete immaginare


Con un titolo alquanto bizzarro inauguro una nuova rubrica all'interno di questo spazio telematico. Non sarà aggiornata tutti i giorni, ma redigerò un articolo quando sentirò il bisogno di esternare un commento senza peli sulla lingua verso una serie tv. Cominciamo con Dallas, ed io ho visto cose che non potete neanche immaginare, perchè lo show in questione è così trash che lo si ama senza ritegno. Questa è una serie tv che porta dipendenza, da visionare con parsimonia, e non fate come il sottoscritto che ha divorato gli 8 episodi della stagione 3 in una sola giornata. 


Dallas è una soap-opera ma questo è un dato di fatto, cosa più allucinante è che la serie è una sorta di sequel/reboot di un marchio della serialità anni '80. L'omonima serie tv sviluppata da un allora giovanissimo David Jacobs, diventò non solo un fenomeno di culto in America ma si ritagliò un  piccolo spazio anche all'interno del panorama seriale italiano. Dallas debuttò nel lontano 1978 e restò in tv fino al 1991 quando dopo 13 stagioni e quasi 300 episodi si decide di scrivere la parola fine sull'interminabile saga degli Ewing. I magnati del petrolio che tra omicidi, scazzotate, omicidi (tentati e riusciti) ed intrighi aziendali, hanno animato la più folle ed invitante serie tv di tutte i tempi che, nel suo piccolo, ha fatto da apripista ad un genere televisivo che dopo un periodo di oscurità, ora è tornato ai fasti di un tempo. Il soap/drama infatti è una costante all'interno del panorama seriale americano, e con tutte le accezioni del caso, si è evoluto costantemente. Pensiamo a Revenge, Scandal e Once Upon a time, figlie di un era che torna dagli anni '80 più cool che mail. 

Il Dallas del nuovo millennio, tornato in tv tre anni fa dopo un interminabile periodo di lavorazione, è il ponte tra la vecchia generazione del ranch di Southfork e quella nuova. Se da una parte troviamo il patriarca della famiglia, Bobby; deciso a tenere unita la sua famiglia, dall'altra invece John Ross (figlio di Jr) e Christopher (figlio adottivo di Bobby) cominciano a farsi guerra cercando di prendere il controllo dell'azienda di famiglia. Su questo incipit prendono vita quindi storie al limite dell'assurdo della serie, fra tradimenti, doppi giochi ed intrighi amorosi. E' una miscela old fashion  quella di Dallas che negli anni 2000 porta tutto il bagaglio una cultura elitaria, modaiola e di grande impatto emozionale. L'effetto però di Dallas è piuttosto contro corrente, dato che ora il mondo delle serie tv è paragonato a quello del cinema. 

Lo show infatti è trash, artefatto, troppo distante dalla realtà, farraginoso e  nonostante il buon ritmo, non attecchisce su un pubblico giovane ed aperto a nuove esperienze. La serie dunque è dedicata solo ad una fetta di telespettatori non più giovanissima, che vede in Dallas un modo per ricordare un periodo spensierato della propria vita. Un effetto revival che traspare dalle vicende dei giovani Ewing. La serie dunque che segue le mode del momento, sepper stentatamente, è quello che in gergo televisivo viene chiamato guilty pleasure; invitante sotto il punto di vista del plot ed intrigante grazie ad un cast di volti noti (e bellocci) del panorama televisivo. Dallas a conti fatti è un incontro tra la serie degli anni '80 ed i colpi di scena e le situazioni al limite di Revenge. Da vedere tutta d'un fiato per la sua irrealtà e strabiliante bellezza. Così anche voi potrete dire di "aver visto cosa che (un povero babbano) non si può immaginare. Dallas è puro trash ma piace proprio per questo. 

Carlo Lanna 

PS. trovate l'articolo anche tra le pagine di Overnews Magazine 

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