venerdì 15 maggio 2015

Cronache di un disagio mentale: sogni che si infrangono sugli scogli della burocrazia



In una giornata tediosa, senza la voglia di riuscir a far nulla di produttivo, trovo le forze necessarie per razionalizzare quanto è successo nelle ultime 48 ore. I miei sogni e le aspirazioni che già da tempo erano alla deriva più totale, si vanno a schiantare (letteralmente) contro una dura realtà, insidiosa e cancro della modernità. Stiamo parlando di un'assurda burocrazia che, anche questa volta, impedisce di realizzare e concretizzare una piccola aspirazione di un giovane dalle belle speranze.

Sfuma l'avventura da giornalista parigino, vola via l'idea di concretizzare e monetizzare il mio voler essere giornalista a tutto tondo; già nel post di qualche giorno fa avevo il timore che tutto questo poteva diventare un'amara realtà. Ho cercato di scacciar via i brutti pensieri, di pensare positivo ma nulla da fare. Le università italiane - sia pubbliche che private - non sono costruite sulle esigenze dei giovani d'oggi e rispecchiano fedelmente un Paese morto, malato e vecchio fino al midollo. Dunque vi spiego per sommi capi la situazione. Per poter svolgere questo stage, l'azienda avrebbe dovuto instaurare una sorta di convenzione con il mio ateneo (vai a capire specificatamente di cosa si tratta); in questo modo i neo laureati ed i laureandi avrebbero potuto portare a termine questa esperienza formativa. 
Caso ha voluto che dopo aver scritto una decina di e-mail ed aver sobillato di telefonate la segreteria studenti, questa convenzione non si può stipulare perchè il mio ateneo non è solito farlo (soprattutto per gli studenti già laureati). E' stata una doccia fredda per il mio ego già ampiamente malandato perchè dopo aver superato una selezione, fatto un colloquio anche in inglese, rimanere con un pugno di mosche in mano fa molta rabbia. 
In un futuro prossimo potrebbe aprirsi un'altra finestra nel mondo del giornalismo, ma mi rendo conto che non posso aspettare ancora; devo ottimizzare i tempi, devo realizzarmi in qualcosa e non vivere la vita attraverso quella degli altri. Mi rendo conto che voglio vivere questa professione nella sua accezione più bella e complessa, senza rimurginare su fatti o cose che avrei potuto fare. 
Questo stage poteva essere il mio banco di prova, capire se ho le capacità di sgambettare in questa giungla, se riesco a portare a termine un obbiettivo e magari essere utile a qualcosa. Ad un passo dal compiere  trent'anni, dovrei essere un uomo con le idee precise, invece mi sento un ragazzino intrappolato in un corpo di un uomo, ancora alla continua ricerca di se stesso, sempre a vivere nel dubbio, nell'incertezza e nell'ansia perpetua. Questa esperienza o l'idea di portarla a termine,  mi ha dato le energie necessarie per alzarmi la mattina, per migliorare me stesso, per capire fin dove potevo spingermi, conoscere  i miei punti forti e deboli. Da due giorni mi sento svuotato, non riesco a provare nessuna emozione perchè forse il colpo è staro così forte che devo ancora razionalizzare. Tergiversando su beghe burocratiche dato che sono dipese da forze più grandi me, mi domando una cosa: perchè mi merito tutto questo? ho fatto qualcosa di male nella mia  esistenza? Non è possibile che i momenti in cui sono stato felice si contano sulla punta delle dita e non tutti sono legasti al mondo lavorativo. Dunque perchè mi accade tutto ciò? 
Questa ennesima batosta mi fa capire quanto la vita è infame e soprattutto arrivo alla consapevolezza che i  sogni non portano a nulla, solo dolore, sofferenza e lacrime. E soprattutto esperienze del genere mi fanno capire di essere non solo affetto da sfiga cronica, ma soprattutto di non sentirmi all'altezza delle mie stesse aspirazioni. 
Grazie cara burocrazia per farmi cadere in questo crogiolo di tristezza e commiserazione, il tuo è  male insidioso che non colpisce solo le istituzioni ma anche la società stessa. 

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